Ceta, l’Italia si schiera per il no

Questo CETA non s’ha da fare. Lo dice ora anche il neoministro dell’Agricoltura, Gian Marco Centinaio, nel corso di un’intervista al quotidiano La Stampa: il Ministro ha affermato di voler chiedere al Parlamento di non ratificare il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada, dal momento che questo «tutela solo una piccola parte dei prodotti IGP e DOP».

Il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) è il frutto di trattative condotte tra le due sponde dell’Oceano Atlantico fra il 2009 e il 2014, sulla falsariga dei negoziati che l’Europa aveva condotto con gli Stati Uniti per la firma — poi sfumata, almeno per ora — del più noto Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP).

L’accordo include disposizioni in materia di accesso al mercato di beni, servizi, investimenti e appalti pubblici, nonché di diritti di proprietà intellettuale, misure sanitarie e fitosanitarie, sviluppo sostenibile, cooperazione normativa, riconoscimento reciproco, facilitazione degli scambi, cooperazione sulle materie prime, risoluzione delle controversie e ostacoli tecnici agli scambi.

Sono stati soprattutto i prevedibili risvolti per l’agricoltura e la produzione agroalimentare a mettere in allarme Slow Food e le altre associazioni che in questi mesi si sono battute con forza per scongiurare l’entrata in vigore del trattato.

Il testo presenta infatti molti margini di ambiguità sul piano della sicurezza alimentare, dovute all’interpretazione meno stringente da parte del Canada del principio di precauzione.

Dopo l’entrata in vigore provvisoria del trattato, lo scorso settembre, si sono già svolte alcune riunioni del Comitato congiunto sulle misure sanitarie e fitosanitarie del CETA, chiamato a discutere le linee guida che determineranno l’equivalenza tra prodotti europei e canadesi.

A questo comitato segreto, sottratto a qualunque controllo da parte della società civile e degli stessi Parlamenti nazionali, è affidato quindi il compito di “armonizzare” le norme relative all’autorizzazione dei fitofarmaci, all’utilizzo del glifosato (che alcuni Stati europei hanno già limitato) e al commercio di animali vivi e carni. Su tutte queste complesse questioni pesa la richiesta di parte canadese di alleggerire le misure normative previste dall’Europa a tutela dei cittadini.

Non meno interrogativi suscita l’insufficiente tutela del made in Italy: nell’elenco delle indicazioni geografiche protette tutelate dal CETA rientrano infatti appena 41 delle 288 denominazioni italiane.

Soddisfazione per l’impegno del Ministro viene dalla campagna “Stop TTIP/Stop CETA Italia”, che ha ricordato: «Da oltre quattro anni centinaia di associazioni, sindacati, organizzazioni di produttori, organizzazioni della società civile, produttori, comitati locali, si battono per riaprire in Italia e in Europa un serio confronto su quali regole siano necessarie per garantire un commercio più sostenibile e pari opportunità per tutti, a partire dalle piccole e medie imprese, dalle comunità in cui operano, nel rispetto delle rappresentanze democratiche e dei diritti di lavoratori e cittadini».

Un intervento urgente, precisano i promotori della campagna, «perché l’Europa sta negoziando un pacchetto di liberalizzazioni commerciali con blocchi di importanti Paesi esportatori — Mercosur, Giappone, Vietnam, Paesi del Mediterraneo — alcuni dei quali non richiedono il passaggio per i Parlamenti nazionali, e che potrebbero cambiare per sempre il modo in cui vengono negoziati e fissati standard importanti di produzione, di protezione dei diritti del lavoro, dell’ambiente e della salute, affidandoli a piccoli comitati tecnici fortemente influenzati da esperti che non rispondono alla volontà dei cittadini democraticamente espressa. Oltre a indebolire per sempre la tutela di produzioni importanti a partire dal made in Italy agroalimentare a Indicazione geografica protetta — DOC, DOP e IGP — esponendolo ancor di più alla contraffazione e alla sofisticazione».

Andrea Cascioli

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