Clementine, quando le dimensioni non contano

Da qualche settimana le clementine occhieggiano dai banchi del mercato con il loro caratteristico colore arancione, spesso però ancora non vivissimo e “macchiato” di verde. Con il tempo la tonalità più solare si è fatta più intensa: il freddo che sopraggiunge in Meridione è determinante per la pigmentazione della buccia e si può ben dire che ora sia un momento ideale per acquistarle. Stiamo parlando dell’inizio della produzione, delle clementine precoci della costa ionica, che partono dalla piana di Sibari in Calabria, passano per il Metaponto in Basilicata fino alle zone del tarantino in Puglia. Più avanti, sotto Natale, entreranno in piena produzione altre zone più a sud (seguendo il freddo), come Rosarno in Calabria o la Sicilia.

Siccome l’annata si sta delineando buona, i prezzi sono convenienti e vi consigliamo senza dubbio di comprare i frutti di pezzatura più piccola, che si trovano facilmente anche a un euro al chilo. Le dimensioni, per le clementine, contano soltanto in funzione di quanto le pagherete. Non hanno nulla a che vedere con qualità e gusto. Quindi, visto che le clementine più grandi sono più rare e costeranno fino a tre euro al chilo, non state a impazzire nel cercarle: fiondatevi tranquillamente sulle piccole per risparmiare senza rinunciare alla bontà.

Non è la prima volta che citiamo la storia tra queste righe, ma ci piace sempre riportarla come curiosità, soprattutto quando i bambini ci chiedono “i mandarini senza semi”. La “invenzione” dell’incrocio che ha originato le clementine —prive di semi nella polpa a differenza dei mandarini — è ancora contesa da due religiosi francesi: Clément Rodier e Pierre Clément. I due non si conoscevano e probabilmente hanno fatto lo stesso percorso senza sapere dell’altro, ma la curiosità è proprio data dal fatto che, di nome o di cognome di persona si tratti, in ogni caso diventa chiara l’origine della parola “clementine”, che prima non esistevano e che oggi hanno quasi soppiantato i mandarini per la loro maggiore praticità nel consumarle, senza dover sputare i semini.

Un ultimo consiglio per sceglierle, da ricordare sempre: sarebbe meglio che avessero ancora un rametto o foglie attaccate, garanzia di freschezza, ma in ogni caso la rosetta che rimane dove si stacca il picciuolo dovrà essere verdognola e non secca e marroncina. In tal caso il frutto sarà stato trattato con l’etilene in magazzino per accelerarne la maturazione.

Carlo Bogliotti

Da “La Stampa”, 24 novembre 2018

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