No al Ceta, sì al JEFTA. A che gioco giochiamo?

In un momento storico in cui la priorità di molti dei governi europei è quella di rendere sempre più difficile per le persone entrare nei confini comunitari, ai tavoli della Commissione Europea pare invece che per quanto riguarda le merci si intenda procedere in senso contrario. Si avvicina infatti la data del 17 luglio, in cui rappresentanti della Commissione Europea voleranno a Tokyo, con un paio di settimane di ritardo a causa delle devastanti alluvioni che hanno colpito il Giappone, per siglare un accordo di libero scambio tra Unione Europea e il Paese del Sol Levante (il cosiddetto JEFTA).

Ora, a parte la schizofrenia di un mondo in cui per le merci cadono i confini mentre per le persone crescono i muri, vale la pena analizzare un po’ più da vicino quello che è, a tutti gli effetti, un nuovo colpo al sistema di qualità agroalimentare su cui poggia buona parte dell’agricoltura europea e dunque italiana: parlando di cibo, il trattato tutela infatti solo un esiguo numero di denominazioni di origine, lasciando un enorme spazio di conquista per il finto made in Italy e per i prodotti non di qualità.

Non solo, ma in molti casi la tutela delle denominazioni si riferisce a nomi collettivi come “mozzarella di bufala campana”, il che significa che ad essere tutelata è solo la formula completa e non le sue parti. In sostanza, sarà possibile chiamare “mozzarella”, oppure “mozzarella di bufala”, anche quella prodotta in Giappone. E lo stesso vale per il Grana padano, per l’Aceto balsamico di Modena, per il Pecorino romano, ecc.

Sono in tutto 18 le denominazioni alimentari a essere incluse nell’accordo (su 294!), e 28 quelle vinicole (su 523!). Non è necessario essere un esperto di accordi commerciali per capire che qualcosa non va e che molto meno di un decimo del nostro patrimonio gastronomico verrebbe tutelato da questo accordo. E preoccupa il fatto che nell’accordo si parli di ridurre i controlli su alimenti e mangimi, sapendo che il Giappone è il principale detentore di brevetti OGM e che già in passato sono state documentate truffe in questo senso.

Il ministro Di Maio, che ha dato il via libera per parte italiana senza alcun confronto parlamentare, deve essersi dimenticato che nel contratto di governo stipulato con la Lega si parlava di respingere quegli accordi di libero scambio che non garantissero dettagliate valutazioni d’impatto economico, sociale e ambientale e verifiche sui potenziali effetti negativi, ma soprattutto di rifiutare accordi negoziati senza un’adeguata trasparenza e consultazione dei cittadini.

Tanto per capirci, il testo completo del JEFTA è stato reso noto martedì scorso, dopo una negoziazione di 5 anni conclusasi a fine 2017. E la firma avverrà tra 4 giorni. Questi non sono tempi che consentono un serio e trasparente dibattito, anche perché stiamo parlando di un trattato che non prevede la ratifica da parte dei parlamenti nazionali ma solo della Commissione.

Ancora una volta pare proprio che le logiche a vantaggio delle grandi corporazioni internazionali e a scapito dei cittadini abbiano la meglio. Vale la pena ricordare, peraltro, che se tanto ha fatto discutere il CETA, il JEFTA è un trattato che vale quasi il doppio in termini di volume. Una partita enorme, giocata interamente alle spalle dei cittadini, dei contadini e della società civile tutta.

Anche perché il JEFTA prevede l’istituzione di dieci “tavoli di dialogo” tra UE e Giappone per discutere e dirimere questioni anche di competenza dei singoli Stati come agricoltura, sicurezza alimentare, investimenti, servizi, ecc. Un totale aggiramento dei normali meccanismi democratici.

Se questa è l’idea di partecipazione che i nostri governanti hanno, devono capire che noi cittadini non ci stiamo e che non accettiamo questo metodo.

Carlo Petrini

da La Repubblica del 15 luglio 2018

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