Caro Fausto

Caro Fausto, ho letto il tuo appello, come sempre sentito e sincero, e questa volta anche un po’ allarmato:“la CFL non è più sicura e stabile come in passato”. Comprendo il tuo rammarico e l’invito ai soci di essere concretamente vicini per far fronte a questa situazione di crisi prolungata che, a mio parere, non è solamente di tipo economico e finanziario.

Sicuramente servirebbe una ricapitalizzazione di denaro da parte dei soci e provo a pormi la domanda: in cambio di cosa dovrebbero contribuire i soci? Quali credenziali e quali garanzie la CFL mette sull’altro piatto? La mia proposta è una capitalizzazione di idee e di riflessioni da mettere in gioco e poi magari a frutto.

Prima premessa. La situazione di oggi dice che l’Assemblea, organo sovrano della Cooperativa, nonostante i conti in “rosso” di due bilanci consecutivi, ha approvato due volte l’operato prima del vecchio e poi del nuovo CdA. La maggioranza dell’Assemblea, costituita da un centinaio di soci, ha legittimato con il suo voto favorevole le proposte del CdA e quindi a questo punto di solito si dice: “Cosa fatta, capo ha”. Perlomeno fino alla prossima assemblea.

Sulle decisioni non si può tornare, però ci si può porre la domanda se questo spirito eccessivamente conservativo dell’Assemblea denoti uno stato di forza o uno stato di debolezza della CFL. Per me questo spirito è condizionato dalla difficoltà di valutare una situazione articolata e complessa e dal timore di dover arrivare a una scelta fra due schieramenti. Se ciò è plausibile (e a mio parere lo è) non si può che convenire che la continuità denoti uno stato generale di debolezza della CFL.

Seconda premessa. CFL e la sua storia hanno segnato il territorio della bassa bergamasca e non credo che sia un caso che in esso non si siano sviluppate quasi per nulla negli ultimi dieci anni forme di “acquisto solidali” come è avvenuto nel resto della provincia di Bergamo. Il motivo probabilmente è che la CFL assolveva gi queste aspettative. CFL ha quindi una responsabilità storica nel nostro territorio.

Supponiamo ora che nel 2014 gli interventi in atto portino ad una situazione accettabile di bilancio e che si individui “l’assetto distintivo giusto”. Da una parte ci sentiremmo soddisfatti, ma dall’altra dovremmo constatare una perdita di inclusione che si aggiungerebbe a quella degli esclusi per motivi di prezzo. Mi domando se questa scelta di contenuto sia corretta, a fronte dell’art. 3 dello statuto e se il modo di prendere queste decisioni sia consono.

Inviterei a prendere in considerazione due opportunità . Sul contenuto, la possibilità di aprire la discussione, sul cambiamento in atto, al territorio, confrontandoci anche con gli attori dell’economia solidale per poter raccogliere contributi ed esperienze preziosi in questo processo. Sul metodo, invece, prenderei in considerazione il metodo del consenso (vedi Wikipedia nel riquadro a fianco) che tiene conto sia del piano del contenuto che del piano delle relazioni.

Personalmente penso che la CFL dovrebbe sentirsi assolutamente in dovere di trovare una soluzione complementare includente. Con forza e decisione dovrebbe trovare le soluzioni (che secondo me esistono) per non snaturarsi dal suo statuto. Le finalità e le responsabilità sociali dell’impresa CFL sono descritte nello statuto e sono un tutt’uno con le attività di approvvigionamento e di vendita dei prodotti alimentari. Le attività sociali conseguenti non possono essere “subappaltate” a una associazione di volontari rafforzando, così, la dicotomia sociale/commerciale con il rischio di trasformarsi in un conflitto fra cooperativa ed associazione. Non credo nemmeno che dobbiamo reclutare soci–volontari–esecutivi dall’alto (il processo solidale è esattamente l’inverso), mentre abbiamo bisogno di soci che promuovono e stimolano la Cooperativa dal basso, gente che segni con la sua partecipazione nuove strade. Se oggi questi soci non ci sono, si vede che non ci sono le condizioni, che il terreno è divenuto arido e che ha bisogno di essere rinutrito (lavorato) anche attraverso la contaminazione di esperienze che vivono fuori dalla CFL sul territorio in modo che il nostro terreno ridiventi fertile come lo era una volta, magari ricreando le condizioni che favoriscano l’innesto di una nuova generazione. Vedi, Fausto, la mia opinione è che oltre alle cause dirette (costo del personale e palazzina), alle cause indirette (assetto del punto vendita e info–gestionale obsoleti, logiche di comando gestite male e irrisolte) — ce ne sia un terzo tipo strettamente inerente al concetto di partecipazione che in CFL è andata persa con gli anni. I numeri e le tecniche non bastano da soli a garantire la continuità .

“Crisi” in cinese significa anche opportunità e credo sia il caso di cogliere questa occasione per reinventare e rifondare la CFL. Fingere di non vedere non porta lontano, la coerenza è necessaria e il coraggio di mettersi in discussione è indispensabile. Così, davanti ai soci, credo che le credenziali sarebbero in regola e le garanzie assicurate.

Con affetto,

Marco Brulli

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