Il panino da casa non è la risposta alla carenza del sistema mensa!

La Cassazione ha deciso: niente più pasto da casa da consumare nelle mense scolastiche. È finita la lunga battaglia iniziata nel 2014 e promossa da un comitato di genitori di Torino.

«Non possiamo che ritenerci soddisfatti per questa sentenza, per primi e a gran voce abbiamo chiesto cibo buono, pulito e giusto per tutti e il pasto da casa non poteva certo risolvere le carenze del sistema mensa. Perché dietro queste apparenti libertà si possono nascondere le differenze tra chi può permettersi un pasto equilibrato e di buona qualità e chi invece per povertà culturale o materiale è costretta al panino o peggio al junk food.» commenta Francesca Rocchi, referente per i progetti mensa di Slow Food Italia.

Dalla prima sentenza del 2016 il dibattito sul tema è cresciuto, puntando i riflettori sulle tariffe troppo alte, la non adeguata qualità dell’offerta, i grandi sprechi di cibo e l’insoddisfazione da parte dei bambini. E per fortuna il dibattito ha toccato pure l’aspetto pedagogico, giuridico e relazionale del fenomeno.

Slow Food pensa alle mense come luoghi in cui applicare il diritto alla convivialità e al piacere del cibo e come luogo dalla forte valenza educativa, perché come scrive Carla Barzanò: «Il menù di casa aiuta a ripetere, circoscrivere, personalizzare per rafforzare l’identità e costruire abitudini che partono dall’emotività e dalla consuetudine. Quello della scuola ha invece la vocazione di costruire nuove esperienze, nuove connessioni, di integrare gli aspetti emotivi con quelli cognitivi.»

A cura di Michela Marchi

estratto da un articolo pubblicato su slowfood.it

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