Ci sono oggetti di uso comune che si danno per scontati, come se fossero esistiti da sempre e per sempre.
Purtroppo un evento straordinario e tragico come la pandemia da coronavirus ha reso le mascherine chirurgiche uno di questi oggetti quotidiani e irrinunciabili, sulla cui origine però non ci siamo mai interrogati. A colmare la lacuna ci ha pensato il doodle sulla home page di Google del 10 marzo, che ha ricordato il medico Wu Lien–teh esattamente 142 anni dopo la sua nascita. Classe 1879, di Penang, in Malesia (allora parte dei domini britannici nel Sud–est asiatico), apparteneva a una famiglia di immigrati cinesi e si dimostrò fin da ragazzo molto brillante negli studi fino a vincere nel 1896 una borsa di studio che gli permise l’accesso a Cambridge, il primo di origini cinesi a venire ammesso nella prestigiosa istituzione culturale.
Nei primi anni del Novecento Wu, laureatosi in Medicina, tornò in Asia trasferendosi poi in Cina: da lì iniziò un periodo particolarmente movimentato, con la morte della moglie e di due dei suoi tre figli, un nuovo matrimonio, l’invasione della Manciuria nel 1931 da parte dei Giapponesi (che lo arrestarono col sospetto di essere una spia), la fuga in Malesia e il rapimento da parte del fronte rivoluzionario malese. Nonostante le mille traversie, il medico perseguì la sua professione con grande determinazione, studiando una malattia come il beriberi (dovuta alla scarsità di vitamina B1), opponendosi all’uso terapeutico dell’oppio e soprattutto, durante la peste pneumonica che colpì la Mancuria nel 1910 (con una mortalità del 99,9% dei contagiati), si fece promotore dell’uso di mascherine fatte di strati sovrapposti di garza e cotone, un modello che lui stesso perfezionò.
La gestione esemplare dell’epidemia rese Wu Lien–teh rinomato in tutto il mondo e lui stesso animò le conferenze internazionali che seguirono la risoluzione della peste, quando venne anche scoperto che la malattia si era diffusa a partire da alcuni cacciatori di marmotte Tarabagan, nei quali il virus aveva fatto il salto di specie. In seguito Wu fu fra i fondatori dell’associazione dei medici cinesi e seguì altre epidemie, come il colera degli anni Venti del Novecento nella Cina nordorientale. Nel 1939 tornò appunto in Malesia dove fece il medico di base fino alla morte, avvenuta per un ictus all’età di 80 anni il 21 gennaio 1960. Dopo essere stato più volte candidato al Nobel per la medicina, successivamente alla sua morte, ma anche di recente con lo scoppio del coronavirus, è ricordato come uno dei pionieri nella gestione delle pandemie.