GIORNATA MONDIALE DELLE API: “PER TUTELARLE OCCORRE RIPENSARE L’AGRICOLTURA”

Per fare tutto ci vogliono le api. Nonostante questo stanno scomparendo e ancora una volta l’uomo è uno dei protagonisti della loro morte 

Abuso di neonicotinoidi e crisi climatica sono le cause principali. A livello globale, la FAO riporta che circa il 40% delle specie di impollinatori sono a rischio di estinzione e negli USA le popolazioni di api mellifere sono diminuite del 60% dal 1947. Non sono solo in pericolo le api domestiche, ma anche le specie selvatiche, che nessuno considera. Il 75% delle principali colture agrarie necessitano del loro lavoro e il 90% di quelle spontanee da fiore. 

In Cina, nelle piantagioni di Hanyuan, dove i pesticidi hanno compromesso per sempre la vita degli insetti, troviamo quelli che vengono chiamati “uomini–ape” che hanno la funzione di impollinare manualmente gli alberi da frutto. Lo stesso avviene in Madagascar per gli alberi di cacao. Purtroppo gli esempi non si limitano a questi due. 

Eppure, sebbene il declino degli impollinatori sia legato ad azioni umane nefaste conosciute da decenni, si reiterano le stesse pratiche, come se il nostro ambiente non dipendesse dalle api. Come se il nostro cibo non dipendesse dalle api. Come se la nostra vita non dipendesse dalle api. 

Una singola ape visita in genere circa 7000 fiori al giorno e il valore dell’impollinazione nel settore alimentare è pari a 351 miliardi di US$. Ed è comunque una stima riduttiva. Le politiche agricole sono orientate verso l’aumento della produttività incoraggiando l’uso di quegli agro–farmaci tossici che hanno portato gli ecosistemi al collasso. La diminuzione di biodiversità ha conseguenze disastrose: api, farfalle e altri insetti stanno scomparendo dalle campagne ma anche numerose specie di uccelli, consegnandoci ad una “primavera silenziosa”. 

Tutelare ormai non basta: occorre ripristinare gli habitat naturali e ripensare l’agricoltura in una prospettiva agroecologica che non solo favorisce gli impollinatori, ma protegge anche gli antagonisti, preservando il necessario equilibrio degli ecosistemi. Servono siepi, aree umide, prati stabili polifiti, rotazioni e policolture: serve complessità. La domanda di materie prime rispettose dell’ambiente — ovvero prodotte in armonia con la natura, anziché a sue spese — è in grado di innescare il più grande processo di rivoluzione del prossimo secolo. Rivoluzione agricola e di pensiero. 

Barbara Nappini presidente di Slow Food Italia 

Da Il Fatto Quotidiano

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