La retorica definisce argomento fantoccio (straw man argument) quella fallace logica che consiste nel confutare un punto di vista mistificandone le vere argomentazioni.
È accaduto in questi giorni mentre si tornava a parlare della correlazione tra OGM e salute. Causa scatenante la pubblicazione di una ricerca italiana la quale, esaminando vari studi degli ultimi vent’anni, ha escluso che il mais GM sia nocivo per l’uomo. I sostenitori del transgenico esultano e alcuni chiamano in causa Slow Food, come a dire: “Avete visto?”.
Sì, abbiamo visto. Peccato che la posta in gioco, almeno per noi, non sia mai stata questa. Appiattire il dibattito sul ritornello “fa male/non fa male” serve soltanto a guadagnare le prime pagine. E a zittire le voci in dissenso, confinandole nel ghetto dell’antiscientificità.
Così facendo si eludono i veri nodi irrisolti, quelli che riguardano ciò di cui gli OGM sono portatori: un modello piegato alle esigenze dell’agroindustria, dove ai contadini si impone di rinunciare a ogni controllo sul proprio lavoro, dalla semina al contrasto delle erbe infestanti.
Quella che ci veniva venduta come una seconda rivoluzione verde si è limitata, nei fatti, a promuovere poche varietà di coltivazioni redditizie per le multinazionali. Non ha sconfitto la fame nei Paesi poveri, e non ha fatto breccia là dove ci si è accorti che la biodiversità rende più dell’omologazione: in Europa, secondo Infogm, le colture transgeniche sono calate del 4,3% in un anno, passando a 130.571 ettari. Una goccia nel mare.
La questione OGM chiama in causa, oggi come ieri, la sovranità alimentare nel senso più ampio, la libertà di scegliere ciò che coltiviamo. È una questione di democrazia, rispetto alla quale non è mai lecito pretendere dalla scienza le risposte che spettano alla politica.
Gaetano Pascale
da La Stampa del 18 febbraio 2018