Mercoledì 2 agosto il genere umano ha consumato tutte le risorse rinnovabili per il presente anno. Mercoledì 2 agosto è stato indetto l’Overshoot Day.
Stiamo sfruttando la natura a una velocità 1,7 volte superiore rispetto alla capacità di rigenerazione degli ecosistemi, noncuranti tra l’altro di non essere gli unici abitanti del pianeta.
Ce lo dice il Global Footprint Network, organizzazione con l’obiettivo di farci riflettere sulla spregiudicata scelleratezza con cui stiamo sfruttando il pianeta. E lo fa dal 2003, calcolando la nostra impronta a partire dal 1961 e scoprendo che è dai primi anni Settanta consumiamo di più di quanto la Terra possa sopportare.
Senza stupore vi diciamo che questa data si anticipa ogni anno di più: l’anno scorso cadeva l’8 agosto, nel 1995 era il 21 novembre. Eppure son quarant’anni che gli scienziati ci ripetono il mantra della necessità di rispettare le risorse. Evidentemente interessa a pochi.
Sembra quindi quanto mai lontano l’obiettivo che il Global Footprint Network si è posto: guadagnare ogni anno 5 giorni sul calendario per riuscire a ritornare a un livello di equilibrio tra consumo e risorse rinnovabili entro il 2050.
Come?
Il 60% dell’impronta ecologica umana sul pianeta è dovuta alle emissioni di CO2: dimezzarle significherebbe spostare l’Overshoot Day di quasi 3 mesi.
Da dove iniziare? Intanto possiamo pretendere l’intervento politico internazionale. Serve un’azione comune e molta fantasia per porre rimedio. Serve l’azione congiunta di tutti gli Stati. Anche noi poi possiamo contribuire per esempio limitando le nostre emissioni, consumare meno carne sarebbe già qualcosa.
Ma soprattutto potremmo smetterla di sprecare cibo. Cosa che invece in Italia ci piace fare parecchio, nonostante ci costi assai. E per l’esattezza: le rimanenze alimentari in Italia ammontano a 5.590.000 tonnellate, pari a oltre 13,5 miliardi di Euro. Di queste i consumatori sono responsabili del 43%, la distribuzione del 13%, la ristorazione del 4%, la trasformazione del 3% e il settore primario del 37% (Politecnico di Milano). Lo spreco domestico vale complessivamente 8,4 miliardi di Euro l’anno, € 6,70 settimanali a famiglia per 650 grammi circa di cibo sprecato (Rapporto 2015 Waste Watcher) e € 348 l’anno. Stiamo parlando di circa lo 0,5% del PIL. E a casa si spreca di più che nei campi.
Lo spreco di cibo produce, da solo, l’immissione in atmosfera di 24,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, di cui 14,3 milioni dovuti agli sprechi domestici. Ci state ancora pensando?
Veniamo ora però a un aspetto positivo. Dati recenti ci dicono che tra il 2005 e il 2013 l’impronta ecologica pro capite degli Americani è scesa del 20% rispetto al suo picco e, nello stesso periodo, l’economia americana è cresciuta del 20%. Questo calo è dovuto alla diminuzione delle emissioni da parte USA. Nonostante la chiusura di Trump agli accordi sul clima di Parigi, forse gli Statunitensi hanno scelto la strada di un futuro più sostenibile.
Come ha dichiarato Mathis Wackernagel, CEO del Global Footprint Network e co-creatore dell’Impronta Ecologica, «ll nostro pianeta è finito, ma le possibilità umane non lo sono. Vivere all’interno delle capacità di un solo pianeta è tecnologicamente possibile, finanziariamente vantaggioso ed è la nostra unica possibilità per un futuro prospero».
Raggiungendo lo spreco zero, riducendo il consumo di proteine animali e tagliando l’eccesso di calorie nell’alimentazione, potremmo abbassare la nostra impronta ecologica del 22%, e posticipare l’Overshoot Day di 42 giorni. Non male, pensiamoci.
A cura di Vasco Speroni
fonte: Attualità e Notizie da “SLOW FOOD”