Lilia Bicec
Miei cari figli, vi scrivo
Einaudi, 2013, 180 pagine,
€16,00 (al socio €13,60)
«Non ero pronta a partire, ma ho dovuto abbandonare tutto e andarmene». Eppure Lilia, una giornalista moldava di 35 anni, una fredda mattina di dicembre decide di gettarsi alle spalle un marito indolente e violento e un Paese soffocato dal caos e dalla povertà . Quando arriva in Italia non ha un lavoro né un posto dove stare, ma le strade sono illuminate come «palazzi dei grandi principi» e ovunque si legge la scritta «Buon Natale». Qui a nessuno importa della sua laurea e della sua istruzione, ma a poco a poco trova lavori e sistemazioni migliori e può fare i documenti per ottenere il permesso di soggiorno. La sua sete di conoscenza è fortissima: vorrebbe saperne di più della storia e dell’arte italiana, vorrebbe leggere, studiare, ma la sera è così stanca da non riuscirci mai. Del resto, lei ha abbandonato da tempo il suo vero mestiere per i detersivi e i canovacci, e la sua vita interiore si è ridotta all’osso, assottigliata, proprio come il suo corpo che smagrisce sotto il peso della fatica e delle corse in bicicletta da un’abitazione all’altra.
Non le resta che scrivere. Scrivere ogni volta che può. Scrivere ai suoi adorati bambini rimasti in Moldavia con il padre. Scrivere per sentirli crescere, per sentirli ridere e piangere. Scrivere perché raccontare ai figli la sua vita italiana è l’unica cura per la solitudine.
Di pagina in pagina il racconto di Lilia si arricchisce di trame nuove e antiche, di storie del passato dall’avventuroso esilio siberiano dei suoi nonni durante la seconda Guerra mondiale, alla campagna italiana di Russia, di cui apprende da un anziano soldato e del presente: il pianto di una madre disperata incontrata in treno o la storia di un ragazzo rumeno arrestato per errore. E così, il suo racconto si popola di personaggi forti, determinati, alla conquista di un posto nel mondo: uomini, ma soprattutto donne che, come piante senza radici, non si sentono più a casa da nessuna parte e sono tormentate dal dor, la nostalgia che è anche desiderio. «Questa è la mia storia, dice, ma anche quella del mio Paese: è la mia tragedia, ma è anche la tragedia di tante altre madri».
Marcello Brambilla
Area marginalità sociale Ufficio di piano – Ambito di Treviglio