Torna l’obbligo di indicare in etichetta lo stabilimento di produzione degli alimentari

consumo_consapevoleIl Governo ha dato il via libera per reintrodurre in etichetta l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione o confezionamento dei prodotti alimentari. L’indicazione dello stabilimento di produzione è infatti “saltata” con l’entrata in vigore, lo scorso dicembre, del Regolamento europeo 1169/2011, per cui è venuto meno l’obbligo di indicare il sito di produzione di un prodotto alimentare. In Italia però la spinta alla reintroduzione di questa informazione è molto forte.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di disegno di legge di delegazione europea che all’art. 4 contiene la delega per la reintroduzione nel nostro ordinamento dell’indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento per i prodotti alimentari e per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento n. 1169/2011 in materia di etichettatura. L’obbligo di indicare la sede dello stabilimento, spiega il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, riguarderà gli alimenti prodotti in Italia e destinati al mercato italiano. Partirà a breve la notifica della norma alle autorità europee per la preventiva autorizzazione. L’Italia insisterà sulla legittimità dell’intervento in applicazione di quanto previsto dall’articolo 38 del regolamento n. 1169/2011, motivandola in particolare con ragioni di più efficace tutela della salute dei consumatori.
Cosa è accaduto? Dallo scorso 13 dicembre sono entrate in applicazione le novità in materia di informazione ed etichettatura degli alimenti. Per molti, fra diverse conquiste per il consumatore, si è però fatto un passo indietro rendendo non più obbligatoria l’indicazione dello stabilimento di produzione e confezionamento. L’informazione non è infatti contemplata nell’elenco delle indicazioni obbligatorie e sebbene fosse prevista alla normativa italiana (D.lgs 109 del 1992) per la gerarchia delle fonti la presenza dello stabilimento di produzione e confezionamento in etichetta diventa facoltativa.
L’Italia però vuole questa indicazione in etichetta. Il Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina parla dunque di “un passo importante che conferma la volontà del Governo di dare indicazioni chiare e trasparenti al consumatore sullo stabilimento di produzione degli alimenti. Diamo una risposta anche alle tantissime aziende che hanno chiesto questa norma e hanno continuato in questi mesi a dichiarare lo stabilimento di produzione nelle loro etichette. Non ci fermiamo qui, porteremo avanti la nostra battaglia anche in Europa, perché l’etichettatura sia sempre più completa, a partire dall’indicazione dell’origine degli alimenti. Per noi — prosegue Martina — si tratta di un punto cruciale, perché la valorizzazione della distintività del modello agroalimentare italiano passa anche da qui. Lo scorso anno per la prima volta il Governo ha chiamato i cittadini a esprimersi ufficialmente su questa materia, attraverso una consultazione pubblica online. Il 90% dei 26 mila Italiani che hanno risposto ha detto che vuole leggere la provenienza chiaramente indicata sui prodotti che consuma”.
“Finalmente il Governo ha approvato una norma che ha come obiettivo chiaro quello della trasparenza per i consumatori italiani e la tutela delle aziende Made in Italy agroalimentari: parliamo della reintroduzione in etichetta dell’obbligo di indicazione di stabilimento di produzione dell’alimento”: così Silvia Biasotto, responsabile dell’area Alimentazione del Movimento Difesa del Cittadino. Bene l’intervento del Governo ma servono tempi certi, sottolinea l’associazione, che ha lanciato l’hashtag #AlimentiNuoveEtichette per seguire le novità in materia di etichettatura. Dall’entrata in vigore della norma è passato quasi un anno e anche l’iter per la notifica all’Europa è ancora lungo, ricorda l’associazione, per la quale la reintroduzione dello stabilimento di produzione in etichetta permetterà al consumatore di avere un’informazione immediata sulla tracciabilità degli alimenti in caso di allerta alimentare e di fare scelte più consapevoli.

Da “Help consumatori”

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