UNA CRITICA ALLE “SCUOLE BOSCHIVE”, TRA L’IDEA DI SCUOLA PUBBLICA E SITUAZIONI D’ÉLITE

Pubblichiamo questa riflessione critica di Renata Puleo, una docente e dirigente scolastica di lunga esperienza, con l’auspicio di attivare un dibattito tra opinioni e punti di vista diversi. 

Il sottotitolo di questa riflessione potrebbe essere: memoria, esperienza e presunte sperimentazioni. Parto dunque da un breve cenno autobiografico, tratto dalla mia attività di maestra di scuola elementare, l’attuale primaria, dove ho lavorato prima di diventare direttricedidattica e, successivamente, dirigente scolastica. 

Pantelleria, 1980, classe quinta di 15 bambine e bambini. Sotto la scuola il mare, intorno la sontuosa campagna coltivata a capperi e vigna, i frutteti protetti dal vento nei giardini circolari di pietra. In aula ci stiamo poco. Siamo sempre in giro, per sentieri e boschetti. I miei alunni (d’ora in avanti utilizzo il maschile come neutro), parlano per lo più il siciliano ibridato da altri imprestiti, poco o nulla sanno di quel che allora era il programma della quinta. Stare all’aperto ci/mi dà la possibilità di sfruttare ciò che ci circonda per leggere, scrivere (in italiano e non), per fare matematica e svolgere indagine scientifica. L’aula è il nostro magazzino, erbario e biblioteca ma, soprattutto, il porto intimo dove ci raccogliamo a discutere, a scrivere, a disegnare, a litigare e a risolvere conflitti. Siamo una classe, una comunità epistemica, ricca, emergenziale. 

“Il senso che ancora oggi ricavo dalla mia esperienza — scrive Puleo, — è che per fare una classe ci vuole un luogo fisico, un’aula e un gruppo che sappia, pure con cambiamenti di situazioni e persone, riconoscersi in un posto”. Luogo necessariamente fisico, aula, mura, banchi, lavagna: perché è nella condivisione del posto, nell’avere un posto in cui qualcosa avviene, che un gruppo si struttura, un posto a cui tornare dopo ogni divagare, riconoscibile anche nella monotonia e nella routine. I miei alunni rappresentavano su grandi fogli con istogrammi a barre i loro progressi e i loro insuccessi, i voti erano la scala di misura per mostrare in modo veloce e chiaro quel che quel foglio descriveva. 

Le famiglie? Troppo prese dal lavoro nei campi, o in piccoli commerci, per avere il tempo che oggi i genitori borghesi dedicano a chattare in gruppo, a giudicare senza mestiere adeguato il mestiere del docente. Sono queste famiglie in cui alligna il desiderio di avere per i propri figli scuole senza aula, senza libri, senza quaderni, senza lezioni strutturate e magistrali, insomma le libere scuole boschive. 

Renata Puleo 

Articolo completo disponibile su www.altreconomia.it

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