Via libera della Camera a una duplice mozione presentata da Azione e Forza Italia (con le firme di Lega e Fratelli d’Italia): «Il Governo dovrà valutare l’opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia»
Il nucleare di quarta generazione è sicuro quanto pulito» afferma il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, ringraziando il Parlamento per il via libera. «Ci confronteremo ora con i partner europei e valuteremo, con la massima attenzione, come inserirlo nel mix energetico nazionale dei prossimi decenni, con l’obiettivo di raggiungere, anche con il contributo dell’energia nucleare, gli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti dall’Unione Europea, sino a quello finale della neutralità climatica del 2050». Va ricordato che l’Italia era già intervenuta come osservatore alla riunione sul nucleare del 28 marzo 2023 svoltasi a Bruxelles su iniziativa della Francia, mentre il 28 febbraio 2023 12 Stati europei hanno sottoscritto un accordo di cooperazione sul nucleare, la “Alleanza per il nucleare”.
NUCLEARE: CHE COSA È STATO APPROVATO
In particolare il 9 maggio 2023 la Camera dei Deputati ha approvato la mozione presentata da Azione (prima firma Daniela Ruffino) che impegna tra l’altro il Governo a «realizzazione il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi», a «considerare reattori nucleari di piccola taglia modulari a quelli di quarta generazione», a «adottare iniziative per sostenere la ricerca tecnologica sui reattori a fissione nucleare innovativi» e ad aderire alla cosiddetta “Alleanza per il nucleare”, già sottoscritta da altri 12 Paesi europei con l’obiettivo di sostenere a livello comunitario.
È stata inoltre approvata la mozione presentata da Forza Italia, prima firma Alessandro Cattaneo — e firmata anche da deputati di Lega e Fratelli d’Italia — che tra l’altro impegna il Governo a:
- confermare l’obiettivo di 0 emissioni al 2050;
- includere la produzione di energia atomica di nuova generazione all’interno della politica energetica europea;
- intensificare la ricerca inerente gli SMR e MMR (Small e Micro reattori modulari) in Italia, favorendo l’incontro delle nostre migliori competenze in campo ingegneristico nucleare, tecnico, tecnologico e industriale;
- adottare ogni iniziativa utile a sostenere le università italiane in questo percorso;
- sostenere la ricerca sulla fusione a confinamento magnetico;
- valutare in quali territori al di fuori dell’Italia la produzione di energia nucleare possa soddisfare il fabbisogno nazionale di energia.
L’ultimo capoverso impegna il Governo ad «accelerare il processo di decarbonizzazione» e appunto “valutare l’opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia».
A scanso di equivoci va ricordato che con il referendum dell’8 novembre 1987 sul nucleare non è stato introdotto un divieto di nucleare in Italia né sarebbe necessario un nuovo referendum ma è solo necessaria una legge ordinaria che pianifichi un piano energetico nazionale.
Sull’onda emotiva dell’incidente di Chernobyl la maggioranza dei quasi 30 milioni di Italiani che si recarono alle urne votarono per abrogare una serie di norme che portarono all’abbandono del nucleare, anche se il quesito non era così diretto. In particolare un quesito riguardò l’abrogazione della facoltà del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) di deliberare sulla localizzazione delle centrali. Il sì vinse con l’80,57%. Un altro quesito chiese l’abrogazione dei contributi agli enti locali che ospitassero sul proprio territorio centrali nucleari o a carbone. Il sì vinse con il 79,71%. L’ultimo quesito riguardò l’esclusione dell’Enel, all’epoca ancora ente pubblico, dalla partecipazione alla costruzione di centrali nucleari all’estero. Anche in questo caso il sì vinse, con il 71,86%. Sebbene non fosse esplicitamente richiesta, la dismissione delle centrali nucleari fu la conseguenza naturale che seguì il referendum. Ora l’argomento potrebbe tornare in auge.
COME SARÀ IL NUOVO NUCLEARE ITALIANO
Se quello compiuto è solo il primo passo verso il ritorno dell’Italia al nucleare, si può già tratteggiare quale sia il traguardo auspicato di questo percorso. Come si legge nella mozione presentata dalla maggioranza di governo i cavalli di battaglia su cui puntano Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega è lo sviluppo di reattori nucleari di nuova generazione già al centro delle strategie energetiche di partner industriali europei che hanno in cantiere nuovi impianti già a partire dal 2024. In particolare si tratta di reattori di quarta generazione, di piccole dimensioni e modulari, i cosiddetti Small e Micro Modular Reactor (SMR e MMR).
I Micro reattori modulari (MMR) sono stati sviluppati specificamente per la produzione di energia elettrica e termica direttamente negli stabilimenti industriali energivori. Si tratta di micro reattori, detti anche batterie nucleari in ragione delle dimensioni molto ridotte, 50 metri quadri
circa: sviluppati dalla Ultra Safe Nuclear di Seattle sono già operativi in Canada — oltre che negli USA — mentre in Finlandia ed in Polonia entreranno in funzione a partire dal 2026.
In Italia si apre una partita importante oltre che per Ansaldo Nucleare anche per Newcleo, società per lo sviluppo di sistemi nucleari innovativi di quarta generazione, che recentemente ha firmato un’intesa con ENEA con l’obiettivo di produrre energia in modo sicuro, affidabile e sostenibile attraverso la realizzazione di Advanced Modular Reactor di piccole dimensioni, raffreddati al piombo invece che ad acqua.
L’obiettivo della mozione è quella di iniziare la produzione energetica nucleare già dal 2030. Senza dimenticare la ricerca per sviluppare un reattore a fusione nucleare: Ansaldo Nucleare ha in pancia commesse da un valore economico superiore ai 600 milioni di euro per la fornitura della camera a vuoto per un reattore sperimentale da 500 Megawatt di potenza cui partecipano anche altre aziende come Mangiarotti e Walter Toso. Inoltre Leonardo, attraverso la sua controllata Vitrociset, si è aggiudicata la gara indetta da Iter per lo sviluppo delle infrastrutture diagnostiche del reattore e i relativi servizi di ingegneria. La ASG di Genova e la SIMIC di Porto Marghera hanno realizzato le bobine superconduttrici che formano il toro principale di Iter. Mentre Eni partecipa anche agli altri progetti, italiani e internazionali, per la ricerca sulla fusione a confinamento magnetico: il Commonwealth Fusion Systems (CFS), spin–out del MIT 2018; il Plasma Science and Fusion Center (PSFC) del MIT; il Divertor Tokamak Test (DTT), progetto dell’Enea a Frascati Eni nato da un’intesa per un grande polo scientifico–tecnologico sulla fusione DTT, che verrà realizzato nel Centro ricerche Enea di Frascati (Roma) dalla società DTT Scarl. L’obiettivo a cui si sta lavorando principalmente a livello internazionale è la realizzazione, nell’arco di un paio di decenni, della prima centrale a fusione in grado di immettere in rete energia elettrica a zero emissioni. La società Commonwealth Fusion Systems (CFS), partecipata da un importante gruppo italiano e dal MIT di Boston, ha condotto con successo il primo test di un supermagnete che dovrebbe contenere e gestire la fusione nucleare di deuterio e trizio, un passo importante verso la produzione di energia atomica pulita, impegnandosi a costruire il primo impianto sperimentale entro il 2025.
Alberto Berlini
fonte: today.it