Racconto inedito di Martina Mangili
Le finestre di casa mia sono quelle del terzo piano: al piano terra c’è la Vecchia Pettegola, sottile e dura come un chiodo, ha abbassato le tapparelle per paura del virus e lasciato solo qualche spiraglio per spiare i passanti.
Un uccello fa il suo strano verso.
Al secondo piano posso vedere la coppia di sposi bengalesi, belli come due attori di Bollywood: aggraziata e pudica lei, allegro e muscoloso lui, che lascia sulle scale profumo di brillantina.
L’uccello scandisce ancora il tempo col suo strano verso.
E poi le finestre di casa mia. Lei deve essere già in cucina, seduta la tavolo ancora imbronciata di sonno. Eccola, La vedo, la finestra è aperta sopra all’arcobaleno di tempere. Il sole le illumina il viso e Lei si scherma con la mano dove brilla la mia promessa da 5 carati. Si sta svegliando con il profumo di caffè e adesso guarda fuori: mi vedrà, qui a accarezzarla dalla finestra? I suoi occhi verdi sembrano cercare l’uccello che stride quel verso ritmato.
Vai via, non ti voglio ascoltare! C’è Lei, la mia luce che porta in grembo la scintilla palpitante del nostra amore e la accarezza sotto la maglietta. C’è Lei, lasciami qui ancora un po’, ti prego! Lasciami qui a fingere di essere quella tazza che le bacia le labbra.
Ma è ora, devo andare. Il verso ritmico del ventilatore meccanico che mi tiene in vita, mi reclama al mio posto nel letto di terapia intensiva. Devo tornare indietro perché voglio andare avanti. Voglio andare da Loro.