PSICOLOGIA DEL CORONAVIRUS – Intervista

Riprendiamo l’intervista al prof. Gianluca Castelnuovo, psicologo e psicoterapeuta presso il Servizio di psicologia clinica dell’Istituto Auxologico Italiano e professore ordinario di Psicologia Clinica all’Università Cattolica, riguardo emozioni e comportamenti delle persone in questo momento di grande tensione a causa del Coronavirus. 

Quali emozioni possono nascere in questo momento di allerta? 

Intanto una premessa: gli esseri umani, pur sforzandosi di essere razionali affidandosi alla logica, sono profondamente psico–logici e quindi le emozioni giocano un ruolo fondamentale stravolgendo le scelte più pianificate o basate su dati di fatto. 
Una delle reazioni più tipiche in questi casi è sperimentare paura, emozione primaria, fondamentale per la nostra difesa e sopravvivenza: se non la provassimo non riusciremmo a metterci in salvo dai rischi. Quindi ben venga percepire paura, perché ciò ci attiva. 

Ma se non riusciamo a gestirla percependo il Coronavirus (SARS COV–2) come un pericoloso predatore inarrestabile, rischiamo di attuare comportamenti impulsivi, frenetici e irrazionali che, se avevano un senso ai tempi delle caverne, ora rischiano di essere controproducenti. Qui si passa spesso al panico o all’ansia generalizzata, per cui un pericolo limitato e contenuto di contagio viene generalizzato percependo ogni situazione come rischiosa ed allarmante. 

Non siamo fatti per reggere situazioni di allerta o tensione troppo a lungo: in passato venivano risolte con attacco (se il predatore era meno forte di noi) o fuga dalla situazione pericolosa, ma nei tempi moderni spesso si staziona in situazioni stressanti in modo continuativo. 
In alcuni soggetti si sviluppa poi una situazione di ipocondria, intesa come tendenza a eccessiva preoccupazione per il proprio stato di salute percependo ogni minimo sintomo come un segnale inequivocabile di infezione da Coronavirus. 

In alcuni casi, fortunatamente limitati, vi è poi una degenerazione verso l’odio sui presunti moderni “untori” stranieri o italiani sulla scia della necessità umana di trovare sempre un presunto colpevole, meglio se lontano da sé e dal proprio gruppo sociale. 

Un’ultima nota sulla natura di questo pericolo: il Coronavirus è piccolo, sfuggente, invisibile all’occhio umano, sconosciuto, facilmente trasmissibile e ciò scatena le paure più profonde di un qualche elemento incontrollabile che dall’interno che ci possa distruggere — e ci sono parecchi film che hanno alimentato queste emozioni. 

Quali emozioni aiutano a mantenere un comportamento corretto? 

Una limitata dose di paura e allerta sono necessarie, anzi fondamentali per potersi attivare senza perdere di lucidità. Seguire le poche ma preziose indicazioni delle autorità sanitarie richiede un minino di attivazione e concentrazione. 

Quali bisogna imparare a gestire? 

Il limite fra una funzionale attivazione (eustress o stress positivo) e un eccesso di allerta con comportamenti poco lucidi e controproducenti (di stress o stress negativo) è sottile. 

L’importante è capire “chi sta controllando che cosa”, come nelle dipendenze: sono ancora io a gestire e scegliere cosa fare, o sto attuando comportamenti seguendo una massa di persone che sta facendo proprio quello che andrebbe razionalmente evitato? 

Faccio qualche esempio per essere più chiaro: nessuna autorità sanitaria ha consigliato di affollare i supermercati per rifornirsi ossessivamente di scorte alimentari, eppure questa “psicosi” si è diffusa portando a molteplici effetti negativi, come concentrare parecchie persone in spazi chiusi con la possibilità di favorire la diffusione del virus oppure far mancare certi alimenti a chi non era corso subito al supermercato. 

Quali comportamenti ci possono aiutare a gestire l’ansia? 

Pre–occuparsi agitandosi e alla fine attuando comportamenti irrazionali e controproducenti non serve. Meglio occuparsi con serietà del problema: le autorità sanitarie, che in Italia hanno preso in carico seriamente la vicenda fin dall’inizio, hanno dato poche, chiare e semplice regole da seguire. 

Ognuno di noi dovrebbe chiedersi: sto anche oggi, in questo momento, seguendo le indicazioni che mi hanno suggerito?
Come ad esempio: 

– lavarsi le mani frequentemente; 

– non toccare bocca e occhi prima di essersi igienizzati; 

– non andare al Pronto Soccorso ma chiamare il numero dedicato nel caso di sintomi sospetti;

– rispettare le quarantene; 

– evitare luoghi affollati e assembramenti; 

– astenersi dal visitare parenti anziani e persone immunodepresse. 

Teniamo conto che stiamo parlando di un virus con un tasso di letalità non così elevato e che sostanzialmente colpisce in modo estremo soprattutto persone anziane con patologie pregresse, e quindi uno stato di salute che non era ottimale già prima del contagio. 

Come gestire anche lo stato di isolamento e solitudine causati dall’isolamento sociale? 

I periodi di quarantena costringono a interrompere le rassicuranti abitudini quotidiane creando a volte uno stato temporaneo di disorientamento. 

Si può cogliere però l’occasione di investire su nuove attività o su quelle attività che, nonostante fossero desiderate, non permettevano di essere coltivate a sufficienza proprio dalle abitudini. 

Da alcuni pazienti sono venuto a sapere di progetti ripresi, libri finalmente letti fino alla fine, persone contattate in attesa da tempo: quasi che la quarantena forzata sia stata un beneficio per riprendere o completare cose lasciate in sospeso. 

Chiaramente le nuove tecnologie, in particolare i social media, sono molto utili in questo momento e hanno permesso di evitare il senso di isolamento e solitudine. Anche molte famiglie hanno potuto vivere momenti insieme quasi unici e irripetibili. 

Quali attività consiglia lo psicologo per i bambini? 

Per i bambini è importante la continuità delle attività anche perché trasmette molto un senso di sicurezza. Evitiamo dunque di lasciare a casa i bambini con i media allarmistici sempre accesi per evitare di bombardare la loro mente con un quadro parziale e distorto di quello che sta accadendo fuori casa. 

Fortunatamente le scuole, grazie anche alle tecnologie, si sono attivate per proseguire l’attività didattica e ludica anche a casa. Sostanzialmente i bambini vanno protetti dalle irrazionalità e allarmismi degli adulti, per cui a loro non vanno mostrate le immagini degli scaffali vuoti nei supermercati o le tende da campo fuori dagli ospedali, ma i compiti da fare per mantenere un senso di normalità, visto che il mondo e gli essere umani non sono in via di estinzione. 

Per chi poi fosse in stato di allerta, disagio, ansia o addirittura panico può rivolgersi, adulto o bambino che sia, alla figura dello psicologo o psicologa. 

Rielaborazione di un articolo pubblicato su: www.auxologico.it

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