IL NOSTRO PENSIERO È IN AFGHANISTAN E A HAITI

IL DIRITTO DI GRIDARE 

Non ho voglia di aprire la bocca di che cosa devo parlare? che voglia o no, sono un’emarginata come posso parlare del miele se porto il veleno in gola? cosa devo piangere, cosa ridere, cosa morire, cosa vivere? io, in un angolo della prigione lutto e rimpianto io, nata invano con tutto l’amore in bocca. Lo so, mio cuore, c’è stata la primavera e tempi di gioia con le ali spezzate non posso volare da tempo sto in silenzio, ma le canzoni non ho dimenticato anche se il cuore non può che parlare del lutto nella speranza di spezzare la gabbia, un giorno libera da umiliazioni ed ebbra di canti non sono il fragile pioppo che trema nell’aria sono una figlia afgana, con il diritto di urlare. 

Nadia Anjuman, poetessa afghana

Anche noi non riusciamo a pensare ad altro. Continuiamo a guardare quelle immagini e il nodo allo stomaco si fa sempre più stretto. 

E non riusciamo a far finta di niente. Prima di continuare con le nostre attività, con le nostre battaglie, con le nostre iniziative spesso vòlte al piacere di stare insieme e al convivio, sentiamo l’esigenza di fermarci. Di rivolgere almeno un pensiero alle comunità coinvolte, alle ragazze e ai ragazzi che hanno perso il futuro. A chi deve farsi coraggio anche quando il buio inghiotte ogni speranza. 

Nella foto qua sopra vedete due bambine fotografate in occasione dell’apertura del Presidio Slow Food dell’uvetta abjosh di Herat (preparata immergendo gli acini in acqua bollente per qualche istante, affinché si formino piccole fessurazioni sulla buccia senza intaccare l’acino interno. Questo procedimento, che si chiama abjosh, ha il vantaggio di accorciare i tempi necessari per l’essiccazione al sole degli acini ad un massimo di sei giorni). 

Qua sotto un ragazzo produttore del Presidio Slow Food del Clairin tradizionale di Haiti (in realtà differenti rhum artigianali prodotti a partire da canna da zucchero autoctona e biologica, senza l’aggiunta di lieviti industriali e imbottigliati al grado di uscita dall’alambicco). 

A loro va il nostro pensiero. Di sperare non abbiamo le forze, ma certo troveremo quelle per lottare ancora per un mondo più giusto. 

L’APPELLO SOTTOSCRITTO DA SLOW FOOD ITALIA 

Al presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, Mario Draghi 

al Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana, Luigi Di Maio 

alla Ministra dell’Interno della Repubblica Italiana, Luciana Lamorgese 

e pc alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen 

e pc al Presidente del Parlamento Europeo, David Maria Sassoli 

La fuga occidentale da Kabul e l’avvento dei talebani, nuovamente forza al comando in Afghanistan, sono la dimostrazione di un fallimento per il quale occorrerebbe aprire una seria autocritica anche in Italia, fra tante forze politiche che hanno sostenuto la guerra come strumento per esportare la democrazia. 

Oggi la preoccupazione di chi ha a cuore i diritti umani e la salvaguardia della vita di tutti i civili, specie di quelli più a rischio, come donne e bambini, sta raggiungendo il suo culmine. 

NOI DONNE E CITTADINE DOBBIAMO FARE RETE CONTRO OGNI VIOLENZA E OGNI GUERRA 

Sono nostre sorelle il cui destino è di nuovo consegnato a un indicibile orrore. Non lo possiamo e non lo vogliamo più accettare. L’Europa deve reagire, l’Italia deve agire. Quello che urge adesso è 

consentire a più donne, ragazze e bambine/i possibile di mettersi in salvo in queste ore in cui le maglie del controllo talebano sono ancora slabbrate. E sostenere chi decide di rimanere a lottare nel proprio Paese, garantendo il monitoraggio internazionale sui diritti umani e delle donne in particolare. 

CANALI LEGALI E SICURI DI ACCESSO 

Tutte le firmatarie, organizzazioni e libere cittadine insieme, chiedono che vengano immediatamente attivati dal nostro Paese e dall’Unione europea corridoi umanitari celeri ed efficaci per portare in salvo le molte persone che in queste ore si accalcano, anche perdendo la vita, lungo strade e aeroporti, per tentare di sfuggire alle milizie talebane. 

DEVONO ESSERE MESSI A DISPOSIZIONE TUTTI I POSTI E LE COMPETENZE NECESSARIE 

Le organizzazioni firmatarie, e le/i singoli che possono farlo, si mettono a disposizione dello Stato e dell’Unione europea per contribuire ad ospitare chi è costretto a fuggire trovando per esse/i alloggi e ristori integrativi rispetto a quelli già inseriti nel sistema di accoglienza, nonché percorsi formativi e lavorativi che consentano loro una libertà e una sicurezza di lunga durata; e per contribuire a creare le condizioni per aiutare e salvare le donne in Afghanistan. Ogni vita salvata dalla violenza è una vittoria per qualsiasi democrazia degna di questo nome. 

Bisogna fare tutto e occorre farlo adesso. 

17 agosto 2021 

fonte: slowfood.it, 24 agosto 2021

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