La fava è una leguminosa della sottofamiglia delle Papilionacee. È il frutto della pianta Vicia faba, presente nei baccelli in numero di semi variabile e può avere colori diversi a seconda del tipo. È una pianta annuale, che si semina in genere a novembre e dicembre in terreni argillosi. Il suo clima ideale è il temperato asciutto. Il fusto eretto può esser alto circa un metro. I frutti sono baccelli schiacciati lunghi fino a 30 cm, che contengono appunto le fave.
In genere le fave si riconducono a due sottospecie, la paucjiuga, comprendente le varietà indiane a seme piccolo, e la eufaba, fave a seme grosso destinate all’alimentazione umana, delle varietà minore (detta favino), equina (detta favetta) e major. In Italia la cultivar più diffusa è la aguadulce, da cui sono derivate la fava lunga delle cascine e la sciabola verde. Altre varietà sono la astabella, paceco, aprilia, quarantina, gigante d’Ingegnoli, baggiana, corniola, di Caltagirone, di Riesi e Marsala. È presidio Slow Food la fava larga di Leonforte (EN) e la fava di Carpino (FG).
Si trovano in commercio fresche in primavera, secche tutto l’anno. Le fave fresche primaverili si possono consumare crude fino a giugno, condite con olio e abbinate a salami o pecorini. Si usano le fave anche per preparare degli ottimi puré, minestre, zuppe. Le fave secche, sgranate e a volte private della buccia che risulta esser dura; se vendute prive della pellicina non richiedono ammollo.
Le fave sono un alimento base per molte ricette dell’Italia centro–meridionale. Si abbinano in piatti a base di carne di maiale, pancetta o lardo, o ad erbe aromatiche. Esistono poi svariate ricette per le preparazioni cremose che derivano dalla polenta morbida consumata in epoca romana dalla plebe (puls fabata). Tipica ricetta con le fave è il macco (Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata) e l’incapriata che unisce al puré di fave la cicoria lessata.
Le fave, dette anche “carne dei poveri”, sono ricche di proteine, ferro (ne contengono di più delle uova), fibra, sali minerali. Le fave fresche contengono anche una sostanza chiamata L–dopa, che sembra essere in grado di aumentare la concentrazione di dopamina nel cervello. Sono indicate per combattere l’anemia. Sono energizzanti, depurative e toniche. Adatte agli sportivi, ai bambini debilitati, a chi soffre di astenia da cambio di stagione. In purezza non contengono glutine.
Attenzione al favismo, un’anomalia genetica che interessa alcuni enzimi contenuti nei globuli rossi. Questa grave patologia comporta l’assoluta necessità di evitare l’assunzione di fave e altri alimenti, come piselli e verbena, e alcuni farmaci.
Si pensa che la fava si sia diffusa in Europa già durante l’età del bronzo e del ferro, ma le testimonianze più importanti sono le numerose citazioni di epoca romana e greca. Nell’antica Grecia si riteneva che Cerere avesse donato ad una città dell’Arcadia i semi di tutti i legumi tranne quelli delle fave, cui era legata la superstizione di “albergare le anime dei morti”. Il primo a nominarla fu Omero nell’Iliade. Pitagora ne diede un giudizio morale, proibendone il consumo ai seguaci: pare che egli fosse affetto da favismo e pertanto detestasse il legume. Erodoto riferisce invece che i sacerdoti egiziani non potessero mangiare le fave in quanto erano considerate cibo impuro. Plutarco racconta che le fave furono anche utilizzate nelle elezioni dei magistrati, suddivise in bianche e nere. Solo così venne a decadere l’ordine di astenersi alle fave, in quanto rinunciare ad esse voleva dire astenersi dal voto. Nel Medioevo il consumo di fave divenne abitudine delle classi più povere e nacque l’abitudine di confezionare per la notte dell’Epifania una torta con una fava nascosta: chi l’avrebbe trovata sarebbe stato eletto re o regina della festa. Con la scoperta dell’America iniziò il declino delle fave a favore del fagiolo.
Nell’uso odierno sono immancabili le fave fresche con il pecorino sulle tavole o nei pic nic dei romani per festeggiare il 1° maggio. In CFL sono disponibili sia fave fresche di stagione che fave secche, tutto l’anno.