Il pane preparato a partire da impasti congelati dovrà essere ben distinto da quello fresco, ovvero dal pane prodotto con un “processo continuo”. Non basterà più scrivere sulle etichette che il prodotto non può essere ricongelato. Dal 19 dicembre 2018 è entrato in vigore il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 131 del 1° ottobre 2018. Viene così disciplinata la distinzione tra prodotti di panificazione freschi da quelli derivanti da prodotti congelati.
Il provvedimento è attuativo di una norma di ben 12 anni fa: dell’art. 4 – Disposizioni urgenti per la liberalizzazione dell’attività di produzione di pane- del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223. Il regolamento disciplina la denominazione di “panificio”; la denominazione di “pane fresco”, l’adozione della dicitura di pane conservato con l’indicazione dello stato o del metodo di con- servazione utilizzato, delle specifiche modalità di confezionamento e di vendita, nonché delle eventuali modalità di conservazione e di consumo.
Il decreto definisce il pane che può essere denominato come “fresco”: pane preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento o surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante.
E per processo di produzione continuo si intende un processo non interrotto per un tempo superiore alle 72 ore dall’inizio della lavorazione fino al momento della messa in vendita del prodotto.
Proprio per chiarire la separazione tra pane fresco e quello derivante da impasti surgelati, la norma definisce i prodotti che possono essere denominati “Pane conservato o a durabilità prolungata”. Si tratta di prodotti per i quali viene utilizzato, durante la preparazione, un metodo di conservazione ulteriore rispetto ai metodi sottoposti agli obblighi informativi previsti dalla normativa. È posto in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione utilizzato, nonché le eventuali modalità di conservazione e di consumo. Al momento della vendita deve essere esposto in scomparti appositamente riservati.
Viene precisato il termine “panificio”. Si tratta di una definizione che esclude tutte le aziende che non svolgono su tutto il processo produttivo del pane. Il decreto recita: per panificio si intende l’impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affini e svolge l’intero ciclo di produzione dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale.
Da: helpconsumatori.it