La pioggia che è sembrata non dare tregua al Nord ha influito sicuramente sull’umore dei più meteoropatici, ma anche sui raccolti della frutta, che ha bisogno di caldo e sole per maturare a perfezione. Dunque non aspettatevi produzioni settentrionali di ciliegie, fragole e albicocche troppo buone. È un danno per i produttori, che sono obiettivamente in difficoltà a piazzare il prodotto, anche perché la frutta meridionale a questo punto non arriva più in maniera consistente, viste le programmazioni incrociate che fanno gli agricoltori su scala nazionale, le quali prevedono di non sovrapporsi quasi mai: non ci sono alternative e la gente gradisce meno la frutta. La qualità media è bassa, purtroppo.
È giunto comunque il momento di affrontare il tema albicocche, perché ci sono in quantità e queste ci dobbiamo far piacere. Intendiamoci, non sono cattive o spiacevoli, ma non hanno sviluppato a pieno le loro potenzialità. Questo vale per le produzioni settentrionali più che per quelle del Sud, che comunque sono riuscite in parte ad aggirare l’ostacolo umidità. I prezzi variano da € 2 a 3 al chilo, mentre costeranno un po’ di più le nuove varietà ibride, sempre più diffuse, dalle nuances tendenti al rossiccio invece del classico color albicocca. Questi ibridi sono più serbevoli e molto dolci, per questo stanno soppiantando molte varietà antiche e locali.
Il prodotto autoctono è tuttavia ancora ben distribuito nel Paese: varietà Pellecchia e cafona in Campania; in Emilia Romagna le precoci Cremonini e le reali d’Imola; le produzioni nel saluzzese e nel Roero in Piemonte, e poi le Aurora, una varietà più commerciale diffusa in tutto il Paese (soprattutto in Puglia e Emilia). Infine i grandi classici locali e supereccellenti, come le rinomate Valeggia in Liguria, quelle di Scillato in Sicilia (tutte e due Presìdi Slow Food) o le rarissime di Galatone in Puglia: resistono poco in frigo, ma restituiscono gusti unici e indimenticabili. Se siete in zona aspettate il momento giusto.
Carlo Bogliotti
da: slowfood.it