Dopo diversi mesi, la multinazionale Bayer ha concluso le trattative per l’acquisizione di Monsanto. Le due aziende hanno chiuso l’operazione con una cifra di acquisto da 66 miliardi di dollari: una delle acquisizioni più grandi e importanti al mondo dall’inizio dell’anno. Bloomberg stima che Bayer, dopo la fusione, potrebbe coprire oltre il 30% del settore dei cosiddetti input agricoli (semi, fertilizzanti e agrofarmaci) a livello mondiale e quindi l’approvazione dell’acquisizione da parte delle autorità garanti della concorrenza non sarà semplice.
BAYER è la più grande azienda chimico–farmaceutica della Germania e una delle principali al mondo: oltre a farmaci come l’Aspirina, per cui è famosissima, Bayer produce anche prodotti per l’agricoltura come i pesticidi.
MONSANTO è una multinazionale statunitense che si occupa di biotecnologie agrarie e organismi geneticamente modificati (OGM).
Le argomentazioni per uno stop all’aggregazione le ha messe in fila il Konkurrenz Group, un’associazione guidata da due avvocati che hanno fatto parte dell’autorità antitrust degli Stati Uniti. Ne è emerso un documento di una ventina di pagine, dal quale emerge il quadro di un settore già altamente concentrato, nei comparti sia dei semi sia dei prodotti fitosanitari. Bayer negli scorsi mesi ha fatto notare che i due gruppi non sono direttamente concorrenti: vero ma non troppo. Se si guarda agli erbicidi, Monsanto e Bayer sono concorrenti diretti e molto agguerriti. Dal 1974 la Monsanto ha messo a punto il suo prodotto erbicida a base di glifosato, chiamato Roundup Ready: Negli USA il principale concorrente è il Liberty Link della Bayer a base di glufinosato. Secondo gli autori del Konkurrenz Group si violerebbe quindi una dei principi del Clayton Act, cioè la necessità di evitare le fusioni tra i due maggiori concorrenti in un determinato settore. Se nel 1996 meno del 10% delle coltivazioni di cotone, mais e soia veniva irrorato di glifosato, la percentuale nel 2016 è salita a più del 90%.
Il legame tra semi e erbicidi è quindi evidente e una piattaforma che unisca i due passaggi della filiera sarebbe tutt’altro che innocua dal punto di vista della concorrenza. A dirlo per prime sono le associazioni degli agricoltori statunitensi, come la National Farmers Union. È solo il caso di ricordare che una pratica comune alle prime sei grandi società del settore a livello mondiale (le Big Six) impone agli agricoltori che acquistano i semi di utilizzarli solo per una stagione (Monsanto, per esempio, lo prevede per i semi di soia). È difficile individuare uno solo beneficio per i tanti agricoltori che negli USA hanno già visto negli anni diminuire drasticamente il numero di produttori indipendenti di semi e contemporaneamente crescere i prezzi, fino a raddoppiare.
La questione della fusione, secondo associazioni come l’American Antitrust Institute, solleva preoccupazioni anche dal punto di vista della ricerca, sul fronte della capacità di innovare, che avrebbe meno stimoli dalla diminuzione di concorrenza. Per i consumatori l’ipotetica riduzione a uno solo prodotto (un tipo di semi ed un tipo di erbicida) aumenterebbe i rischi legati alla minore biodiversità: in caso di malattia delle piante, gli effetti sarebbero molto più disastrosi. E la selezione di varietà sempre più standardizzate in funzione della loro redditività sta creando conseguenze nella crescita delle intolleranze e delle allergie alimentari.
La questione, peraltro, non è isolata, perché in questi stessi mesi sono in via di definizione altre due enormi operazioni nello stesso settore. C’è una trattativa in corso tra Dow Chemical e DuPont, altre due Big Six, il cui valore congiunto sarebbe di 130 miliardi di dollari. E quello tra ChemChina (che in Italia ha comprato Pirelli) e la svizzera Sygenta, per la quale sono stati offerti 43 miliardi. A fare gli avvocati del diavolo, si potrebbe dire che l’annunciata fusione Bayer–Monsanto sarebbe in chiave difensiva.
In Europa l’Antitrust intanto si è però fatta sentire. La Commissaria alla concorrenza Margrete Vestager —riporta il sito politico.eu — ha fatto sapere che intende controllare attentamente gli effetti sui prezzi e sulla ricerca che avrebbe la fusione tra Dow e DuPont. «Abbiamo visto che negli ultimi tempi l’Antitrust europeo si è dimostrato molto attivo. Basti pensare al megacontenzioso con Microsoft o all’intervento sulle posizioni dominanti di Facebook — dice Andrea Di Stefano, direttore del mensile “Valori”. — Sicuramente gli uffici della Vestager saranno aggressivi».
Notizie tratte dai siti: linkiesta.it, ilpost.it, green.me, regionieambiente.it